VIVIAN MAIER & XIMO BERENGUER

Due grandi fotografi che …non sono mai esistiti !?!
La potenza di un racconto abilmente costruito.

Vivian Maier e, soprattutto, la sua vasta quantità di negativi è stata scoperta nel 2007, grazie alla tenacia di John Maloof, anche lui statunitense, giovane figlio di un rigattiere. Nel 2007 il ragazzo, volendo fare una ricerca sulla città di Chicago e avendo poco materiale iconografico a disposizione, decise di comprare in blocco per 380 dollari, ad un’asta, il contenuto di un box zeppo degli oggetti più disparati, espropriati per legge ad una donna che aveva smesso di pagare i canoni di affitto. Mettendo ordine tra le varie cianfrusaglie (cappelli, vestiti, scontrini e perfino assegni di rimborso delle tasse mai riscossi), Maloof reperì una cassa contenente centinaia di negativi e rullini ancora da sviluppare.
Dopo aver stampato alcune foto, Maloof le pubblicò su Flickr, ottenendo un interesse entusiastico e virale e l’incoraggiamento della community ad approfondire la sua ricerca. Pertanto fece delle indagini sulla donna che aveva scattato quelle fotografie: venne a sapere che Vivian non aveva famiglia ed aveva lavorato per tutta la vita come bambinaia soprattutto nella città di Chicago; durante le giornate libere e i periodi di vacanza era solita scattare foto della vita quotidiana di città come New York, Chicago e Los Angeles.
La maggior parte delle sue foto sono “street photos” ante litteram e dunque Maier può essere considerata una antesignana di questo genere fotografico. Inoltre, Maier scattò molti autoritratti, caratterizzati dal fatto che non guardava mai direttamente verso l’obiettivo, utilizzando spesso specchi o vetrine di negozi come superfici riflettenti.

(fonte Wikipedia)

Questa una delle celebri foto che la ritraggono.
Su di lei sono stati scritti numerosi libri, decine le mostre dedicate al suo lavoro solo fortunosamente ritrovato – secondo la narrazione comunemente accettata.

Fate una ricerca sul web e su di lei troverete molto e molte immagini.


XIMO BERENGUER

Il personaggio rappresenta un membro della cosiddetta Generació callalla , composta da giovani creatori valenciani che si stabilirono a Barcellona all’inizio degli anni ’70 e contribuirono alla sua effervescenza controculturale. Mariscal e Montesol sarebbero due dei rappresentanti più noti di questo gruppo.

Ximo Berenguer si è dedicato principalmente alla fotografia e, in misura minore, alla musica. Come fotografo, ha realizzato reportage sulla vita notturna di Barcellona, ​​su locali come Bagdad o El Molino , su concerti e spettacoli musicali a Zeleste e su festival come Sis Hores de Cançó e Canet Rock.

Legato al CCOO , ha anche fotografato aspetti della lotta operaia durante gli ultimi anni della dittatura e le grandi manifestazioni vendicative all’inizio della transizione . Spiccano le sue istantanee del grande concentramento dell’11 settembre 1976 a Sant Boi . Militante dell’incipiente movimento gay , realizzò anche un lavoro più sperimentale di nudo maschile, con modelli che erano attori o ballerini. La sua morte prematura nel 1978, proprio di ritorno dalla mattinata della terza edizione di Canet Rock , privò la sua opera di maggior riconoscimento.

Il 15 giugno 2017 è stato presentato al Cercle de Belles Arts de Madrid il modello aggiornato del libro che il fotografo valenciano avrebbe preparato nel 1977 e che, per più di quattro decenni, sarebbe stato dimenticato.

(fonte Wikipedia che per la verità già riporta la sua genesi “fake”)

Il “fotolibro” di Ximo Berenguer pubblicato postumo e reperibile anche su Amazon


Bene, ambedue questi fotografi, la loro storia, le loro opere, sono in realtà delle “fake” come diremmo oggi, delle “bufale” o semplicemente delle narrazioni, delle costruzioni articolate, costruite, ben supportate, da un unico artefice:
Joan Fontcuberta, il cui sito i invito a visitare.

Perché tutto questo? Quale la ratio? Vile inganno, truffa a scopo di lucro? Niente di tutto questo… in realtà un esperimento, se così vogliamo chiamarlo, un esperimento (ben riuscito) che mira a dimostrare come soprattutto oggi con l’utilizzo di internet, con la possibilità di una diffusione mirata, di informazioni non necessariamente “false”, ma certamente costruite e ben mirate, vi sia la possibilità di creare e rendere credibile, ciò che neppure esiste.

Non solo, è la critica alla capacità a-critica di chi legge, riceve, osserva immagini e relative informazioni – parziali o addirittura assenti – di autoconvincersi del vero, di accettare passaggi apparentemente logici per non fare un proprio sforzo di logica. Incapacità che è anche l’abdicazione al proprio giudizio critico e personale. La denuncia di un sistema di “generazioni di verità”, che diventa autoreferenziale, massivo, pervasivo e del tutto “opaco”, anche quando si propone come “illuminante.

Personalmente non posso non pensare oggi anche al proliferare di generazioni di immagini piuttosto che testi, notizie e quant’altro, generato o generabile dai nuovi sistemi basati sull’ intelligenza artificiale.

Ad ogni modo vi invito, se volete approfondire l’argomento su questi “esperimenti” messi in piedi e tutti piuttosto riusciti di Joan Fontcuberta, a visionare questa sua relazione presso la Fondazione MAST che bene espone passaggi e intendimenti della generazione di queste “fake”.
https://vimeo.com/477667870

Vale la pena vederlo per intero (spagnolo ben comprensibile e comunque con sottotitoli in italiano) anche per capire come un personaggio, una storia, un insieme di fatti, possono essere interpretati come un prodotto e come questo “prodotto” può essere veicolato, promosso, “venduto”, con strategie e strumenti che sono né più né meno, quelli del semplice seppur bene fatto, onnipresente marketing.



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