Chiesa di San Josemaría Escrivá Balaguer | Città del Messico
Credo per qualsiasi architetto la progettazione di un luogo destinato alla liturgia e che ha forti richiami simbolici e mistici, sia sempre una grande “sfida”. Qui poi siamo in presenza della Liturgia e dei Simboli della Fede Cristiana e di una chiesa dedicata ad uno dei Santi del nostro tempo: San Josemaría Escrivá Balaguer (9 gennaio 1902 – 26 giugno 1975) fondatore dell’Opus Dei.

Interno – Altare Maggiore
La pur esile croce sembra reggere le pareti dell’intero edificio
Il progetto è un’opera dell’architetto Javier Sordo Madaleno Bringas, che ha saputo creare un edificio originale e dalla giusta imponenza, che al contempo risulta facilmente identificabile come edificio di culto e riesce a trasmettere sin dall’esterno, ma ancor più all’interno, un’aura “mistica” di luce e di raccoglimento, di “stupore” e di adorazione, che dovrebbero essere annoverate tra le “funzionalità” necessarie di un edificio di culto.
Questa chiesa è un bellissimo esempio di architettura moderna. Propone materiali attuali, forme e tecnologie, nel rispetto dei principi fondamentali dell’architettura cristiana.
Secondo l’architetto Javier Sordo, la forma in pianta, è ispirata a quella del “pesce” simbolo iconografico di Gesù Cristo, e le pareti esterne sono rivestire di “squame” di zinco che, come quelle del pesce, sono cangianti con il cambiare della luce circostante.
Personalmente nell’elevazione dell’edificio dalla sua pianta “a pesce”, vedo la forma di una gigantesca arca, immagine anche questa, che ben si adatterebbe al concetto simbolico. Ma lasciamo parlare l’architetto:
“Affrontare la questione della progettazione di una chiesa non è solo suggerire uno schema funzionale-estetico, ma l’architettura in questo caso deve anche essere “intrisa” di un peso mistico e trasmettere un messaggio vitale di profondo significato liturgico.
Abbiamo iniziato a sviluppare il concept architettonico iscrivendo nella ripetizione di 7 rettangoli aurei due curve, a creare la figura di un pesce, che nella tradizione iconografica cristiana è simbolo di Gesù Cristo”.
Sulla base della forma e la disposizione concentrica degli spazi, il progetto è stato suddiviso in due piani, al livello superiore è il tempio, che è determinato in base all’ingresso dell’atrio che si apre sul grande spazio della navata che termina con l’altare. L’assemblea è orientata verso il presbiterio.
Questo spazio è illuminato naturalmente dal grande lucernario a forma di croce, sulla parte laterale della navata occidentale si trovano i confessionali, il battistero e il coro. All’altro estremo abbiamo posizionato delle porte automatiche che si aprono sull’atrio laterale, che termina a sua volta in uno specchio d’acqua, che è il simbolo del Battesimo.”
Considerazione del tutto personale (non ho riscontri…): i due monoliti all’ingresso della chiesa, potrebbero rappresentare le Tavole della Legge – passando per l’Antico Testamento al compimento del Nuovo – Gesù Cristo (assemblea tutta- corpo di Cristo, altare-Cristo stesso).
(Foto di Fernando Cordero)
bella Mario,
grazie
ciao
Mau
Mi ricorda un’architettura realizzata in Alto Adige ma ora non ricordo precisamente destinazione e luogo. Spettacolare! Davvero emozionante soprattutto l’interno..
Molto suggestiva. A me ricorda l’interpretazione della luce delle opere di Tadao Ando e di chiese davvero particolari ne ha fatte; ma anche “la vela” della chiesa di Meyer a Roma per il Giubileo. Interessante anche notare dalle foto degli esterni come la chiesa “ricopri” e riprenda il ruolo di protagonista o perlomeno di visibilità e riconoscibilità rispetto all’ambiente circostante; a mio avviso, al di là dell’essere credente o meno, la Chiesa dovrebbe tornare ad essere segno e simbolo urbano. Troppe volte nelle nostre città vediamo chiese moderne che si mimetizzano nel loro contorno sia per il brutalismo del cemento armato che per l’assenza di forma riconoscibile.
Monica ringrazio in particolare te del commento (non che escluda gli altri ;-)), perché tocca un punto a me molto caro. Quello appunto della riconoscibilità dell’edificio-chiesa per quello che è (o dovrebbe essere), e che è sempre stato per secoli: Segno riconoscibile!
Dove per segno con la S maiuscola, intendo edificio-luogo carico di più di un messaggio siimbolico, con tutto quello che ne consegue sia per il credente che per il non-credente.
La mia intenzione sarebbe (per quanto mi sarà possibile) occuparmi ancora di questo argomento, anche ahimé, con esempi che ritengo negativi.
Non per nulla ho creato in origine a questo blog una sezione dedicata: Architettura – Chiesa.
Ovviamente la funzione della chiesa-edificio non si riduce al solo Segno, ma ci torneremo…
Ringrazio te per le belle riflessioni che ci inviti a fare. E’ importante, almeno dal mio punto di vista, ogni tanto soffermarci anche sui contenuti filosofici del nostro lavoro… quando ci permettono di farlo!!! Tanti anni fa, ad un congresso dell’architettura a Torino, il cardinale Tonini espresse in maniera chiara e netta la responsabilità del nostro lavoro sul vivere quotidiano della società e quanto fosse importante non perdere di vista, da parte nostra, il grande ruolo che ricoprivamo sia per il presente che per il futuro delle nostre città! La realtà purtroppo non è questa: la figura dell’architetto è considerata fine a se stessa, effimera… e purtroppo in questo momento di crisi ancora di più!! E questo è quello che succede nelle nostre città, dove si è persa l’abitudine a vederla come progetto complesso e integrato di tante parti e non di singoli eventi. Manca la piazza, l’agorà del confronto e dello scambio.Viviamo in una società che tutti fanno tutto e spesso improvvisandosi; ma credo che dobbiamo essere noi i primi, nei piccoli gesti, nel nostro piccolo a riaffermare quel ruolo… e come dici tu, ci sarebbe ancora molto altro da dire!
Grazie Monica.
Visto che apprezzi, mi permetto di segnalarti anche questi due articoli, uno conseguente all’altro (sempre che tu non li abbia già letti…) scritti su questo blog.
http://wp.me/p20fJu-mu
http://wp.me/p20fJu-nt
Non è proprio “architettura”, però la riflessione ci sta… 😉