Il Design per il “caro estinto”
Sarà per l’odierna Festa di Tutti i Santi e quella seguire della Commemorazione dei Defunti, sarà l’appena trascorso anniversario della salita al Cielo di Colei che è stata mia Sposa, ma andavo riflettendo su “design” dei nostri contemporanei monumenti funebri.
Forse non sembrerà un gran argomento e molti per superstizione toccheranno ferro o altro, ma io che superstizioso non sono, meditavo su come l’ideazione, la progettazione e la costruzione di tombe grandi e maestose, ha consegnato alla storia e ai posteri grandiosi monumenti, che sono ancora oggi, ammirati da uomini di ogni cultura e latitudine: dalle Tombe dai Faraoni ai vari Mausolei o Cimiteri Monumentali di cui anche l’Italia è ricca.
Mi è capitato, per l’avvenimento famigliare a cui accennavo sopra, di occuparmi del progetto di quella tomba (che certo non doveva essere né una piramide, né un mausoleo). Ero rimasto sorpreso dal fatto che al cimitero fossero tante e tante le lapidi tutte uguali, peraltro piuttosto semplici e banali. Parlando con il “marmista”, ho saputo che è molto più facile per molti, dire semplicemente: “Me la faccia come questa o come quella”. Vi sono poi anche comprensibili ragioni economiche (costa parecchio una tomba che non sia fatta di quattro lastre una sull’altra), ma certo anche un carenza di offerta e di “creatività applicata”.
Esistono aziende specializzate per la progettazione e realizzazione specifica, dalla semplice lapide alla ben più complessa cappella o “tomba di famiglia”, ma non mi pare siano poi tantissime e sono poche sparse su tutto il nostro territorio. Vi sono poi i limiti imposti da regole stringenti in quanto a ingombri e dimensioni, oltre a tasse e balzelli, ma questi limiti sono, in fondo, anche una sfida per chi si vuole cimentare in un simile progetto.
Infine bisogna anche considerare che non tutti ci si trova attrezzati (anche tra i “creativi”) ad affrontare un tema delicato e densamente simbolico, sia che si abbia un’ottica religiosa o meno.
Comunque per concludere il mio invito è rivolto a chi designer, architetto, progettista, grafico, creativo, si dovesse trovare per le circostanze della vita (quella in questione è una delle poche certezze della vita) a voler applicare il proprio estro e capacità, a dare adeguata forma alla cosiddetta “ultima dimora” (o momentanea dimora) del nostro caro defunto.
Il “culto dei morti” e sempre stato nella storia dell’uomo, segno di un civiltà ricca e profonda. Anche se per taluni è un modo per esorcizzare la morte, per altri un luogo di riposo (cimitero dal greco: [koimeterion] luogo dove si va a dormire) in attesa della Vita Eterna.
Per chi volesse addentrarsi nello specifico della simbologia dei due progetti qui riportati, può trovarla qui
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P.S. non per contraddire il mio invito ad una ricerca di “design”, ma devo dire che amo moltissimo i cimiteri storici che troviamo ad esempio in Alto Adige. Lapidi fatte di sole croci, le più disparate e a volte elaborate, dove una certa uniformità ci ricorda che, come diceva Totò, “la morte è una livella”, ma in questa “uniformità” brillano le peculiari singolarità.
Argomento arduo e “scivoloso” eppure hai avuto il coraggio di affrontarlo. E ti dico grazie!
Non c’è di che… grazie a te per il commento.
Anch’io mi sono imbattuta nella stessa esperienza quando dopo la morte di mia mamma mi sono trovata a dover disegnare la cappella di famiglia. E un po’ per i costi, un po’ per le normative la creatività è davvero messa all’angolo. Mi unisco al grazie di Mario; non è un argomento facile.
Ciao Monica, è vero quanto dici e anch’io lo sottolineavo, sono certo comunque che alla fine sarai riuscita a fare un ottimo lavoro.
Io sono per una linea di progetto sempre molto pulita e poco ridondante.
Scegliere alcuni simboli e un concetto che sia quantomeno intuibile e che appartenga in qualche modo, alla persona che ricordiamo. Certo riesce più semplice se la persona in questione l’abbiamo conosciuta.
Personalmente sono anche contento che dopo la mia prima esperienza di progettazione e realizzazione, a questa sia seguita la richiesta di visionare e proporre un altro progetto e per un terzo, la mia prima è stata presa come “ispirazione” per un’altra.
Questo per dire che nel personale, si può fare, c’è spazio e si fa un “servizio” apprezzato ed apprezzabile, credo.
Per curiosità sono capitato qui dal blog della Miriano. Solo per dirti, da architetto, che condivido un certo interesse per questo tema. Mi ci sono cimentato una sola volta e ho sentito pesantemente la frustrazione dell’inadeguatezza. L’esempio che fai tu dei cimiteri sudtirolesi (scampati all’estromissione laico-igienista dai centriabitati del regime napoleonico) mi trova concorde. Nota però come i risultati (sempre all’altezza) della cultura popolare siano sempre scevri da simbolismi concettosi. Non che non si faccia ricorso ai simboli, ma essi sono talmente immediati da costituire quasi una pre-scrittura, sono simboli quanto lo sono le lettere, non è un linguaggio da iniziati.
Caro Franz grazie per il commento.
Non ho detto e non intendo che i simboli debbano essere di per sé “concettosi” come li indichi.
Possono essere da iniziati, questo si, ma anche in questo non vedo nulla di così negativo. Simbolo di per sé è un elemento concreto tangibile che rimanda ad “altro”.
Spesso poi divengono “da iniziati” perché non si hanno gli strumenti “culturali” o di conoscenza per leggerli. Forse rimane giusto la croce di facile lettura come di una lettera, ma anche di questa, come tu ben sai, non sempre si dà giusta lettura.
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Già che hai toccato l’argomento, spenderei anche due parole sullo “spostamento” dei cimiteri fuori della cerchia cittadina.
Non è solo la questione “laico-igenista”, ma vi si può ravvisare l’incapacità che si è manifestata nell’uomo negli anni e nei secoli, di rapportarsi concretamente con una visione rivolta all’aldilà, alla vita dopo la morte.
Non a caso i cimiteri erano accanto se non a ridosso o di fronte alle chiese, a ricordare e testimoniare, la contigua presenza della Chiesa terrena con quella Celeste, la profonda Comunione della Chiesa “militante” con quella “purgante” e “trionfante”.
Questo legame e questa simbologia (come vedi ci torniamo) si è via via perduta e i Cimiteri, luogo oramai di tristezza e di perduta speranza (non per tutti s’intende), sono stati sempre più allontanati dalla vista dei nostri occhi, incapaci di leggere “oltre”.
Nelle chiese sudtirolesi di cui sopra, chi va a Messa, passa letteralmente in mezzo alle tombe.
Se non ricordo male, a Gerusalemme i posti più ambiti dagli ebrei sono quelli del cimitero che sta difronte la città e in particolare difronte alla porta detta “Bella”, perché secondo la loro Tradizione, da quella porta passeranno le prime anime chiamate al Cielo da Dio al suo ritorno e quindi meglio assicurarsi i “posti migliori”.
Anche lì il cimitero e fuori della città, ma come comprendi la prospettiva e tutt’altra.
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Ciao, se sono tuoi progetti, potresti illustrarmi i “simboli” presenti nelle immagini dell’articolo (se ce ne sono…) 🙂
Grazie della domanda Francesca, mi permette di descrivere una “parte” dei progetti a cui tengo molto.
Per farlo in modo più esaustivo ti ho risposto su un articolo appositamente redatto: Il Design per il “caro estinto” 2